24 giugno 2022

​Un fatto triste

La gente senza scrupoli ha vita troppo facile?

Qualche mese fa, un giovane si è tolto la vita, in America.
Aveva 17 anni, andava al liceo. E fino all'ultimo non aveva motivi per un gesto simile. Poi è stato contattato da una coetanea, che gli ha mandato qualche foto intima. E gli ha chiesto di fare lo stesso. E lui l'ha fatto.

Solo che la coetanea non era quello che diceva di essere. Era un'organizzazione di ricattatori che gli ha estorto i pochi soldi che aveva messo da parte per l'università, altrimenti avrebbero pubblicato le sue foto. E poi, a furia di minacce, l'ha spinto al suicidio.

L'FBI dice che episodi come questo sono sempre più frequenti, che raramente ven­go­no denunciati e che le vittime tipicamente sono giovani, a nostro parere forse un po' troppo abituati a contatti "social" con interlocutori mai visti in carne e ossa.

Chiaramente qui la tragedia è nella morte del giovane. Ma noi, come informatici, ci chiediamo se questo sempre più frequente uso delinquente della tecnologia possa essere limitato o evitato.

È chiaro che i colpevoli in questo caso sono i ricattatori. Pensare che in qualche modo internet in generale abbia una responsabilità sarebbe come dire che le strade sono in parte responsabili delle rapine, perché i rapinatori le usano per compiere il misfatto.
Ma la cultura del "su internet l'anonimato è sacro" insieme con una certa superficialità dei social sono sicuramente parte del problema. 

Ci chiediamo: perché è così facile fare account falsi sui social?
E perché moltissimi account Twitter non dicono apertamente a chi appartengono, ma si nascondono dietro acronimi oscuri?
E poi, com'è che il 5% degli account Twitter sono falsi (ed Elon Musk dice che sono più di così), e nessuno nemmeno alza un sopracciglio?
E perché non è reato il consentire a qualcuno di fingere di essere qualcun altro in un social?

Evidentemente la risposta, forse superficiale, è che è troppo difficile verificare in modo serio, in remoto, l'identità di una persona che non puoi vedere e che necessariamente deve poter essere profilata automaticamente.

Però facciamo qualcosa di sicuramente più efficace ad esempio nel rilascio dei cer­ti­fi­ca­ti SSL (quelli che servono per certificare l'identità di un sito), per non parlare dei meccanismi come lo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale).  E se lo può fare la Pubblica Amministrazione, allora lo possono fare pure i social.

Quindi perché non dire che i social, se non devono imporre un' identificazione certa della persona, almeno possono consigliarla e soprattutto possono evidenziare che una certa identità non è in realtà certificata?
Facebook e Twitter potrebbero ad esempio mettere una barra verde da qualche parte se l'identità è certa, e rossa se non lo è.
E i genitori potrebbero ad esempio bloccare ai figli ogni comunicazione con identità non certe, o almeno educarli in questo senso.

Certo, non sarebbe perfetto. Ma almeno staremmo facendo qualcosa, perché a noi pare che non si faccia assolutamente nulla. Continuiamo a dire che bisogna essere cauti, che non si devono accettare caramelle (virtuali) da estranei (virtuali), che non si devono seguire i link nelle mail, ecc. Insomma, continuiamo a scaricare la res­pon­sa­bi­li­tà sull'utente.
Ma non potremmo invece mettere un po' più di pressione su quelli che di fatto sono gli abilitatori di certi comportamenti? A partire dai social, con cui si guadagnano un sacco di soldi, e che noi pensiamo sarebbe il caso di responsabilizzare un poco di più.

Dicono che le ultime generazioni, quelle nate con i social, li usino quasi come l'unico mezzo per comunicare con i coetanei. Così mettiamo nelle mani di questi media un potere enorme, che aumenta ogni giorno. È assolutamente necessario regolamentarli e responsabilizzarli, prima che sia troppo tardi e che finiscano nelle mani delle persone sbagliate (sempre che non sia già troppo tardi).

E noi, utenti comuni, genitori, nonni, figli o amici: possiamo fare qualcosa?
Probabilmente serve poco, ma possiamo parlarne. Chissà mai che un giorno un qualche "influencer" si renda utile e influisca…

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