23 novembre 2018

​Il Backup nel cloud

I backup (in italiano sarebbero i "salvataggi", ma è troppo poco usato) sono un po' come l'assicurazione: se li fai e poi non ne hai bisogno sembrano soldi sprecati, ma se non li fai e poi succede qualcosa è troppo tardi per pentirsi. 

Ma prima di tutto definiamo approssimativamente l'obiettivo.
Ci sono due motivi per fare i salvataggi (e poi il ripristino):

1- Un umano o una applicazione commette un errore e modifica o cancella una informazione che andava tenuta.
2- Un evento causa un danneggiamento fisico ai sistemi che custodiscono i dati.

Ovviamente esistono varianti intermedie ma dal punto di vista pratico se sono in grado di gestire questi casi dovrei poter gestire tutto.

Nel primo caso quello che serve è un sistema rapido per tornare indietro. Il secondo caso è molto più complesso perché, se vogliamo avere la tranquillità di poter sempre recuperare i dati, dobbiamo considerare il caso peggiore, quello dove abbiamo perso tutto, incluso l'edificio che contiene i sistemi.

Sono esigenze contrastanti, da una parte serve una copia locale e facilmente accessibile. Dall'altra serve una copia remota, che di conseguenza sarà più difficile e costosa da gestire. Quindi ci tocca averle entrambe.

Spesso vediamo che per limitare le spese si sceglie una soluzione basata su dischi locali a basso costo, magari delle banali unità USB, quasi sempre nella stessa sala macchine dove sono i sistemi di produzione. Questa soluzione è spesso inaffidabile e certamente non consente di sopravvivere al disastro.

L'alternativa più affidabile è un set di dischi di qualità in una sala non troppo vicina a quella dei server, e una connessione con banda ampia, oppure nastri rimuovibili da tenere a rotazione in una locazione esterna. Entrambe le soluzione sono costose.

Ma Azure, con Azure backup server, offre una nuova possibilità che soddisfa entrambi i requisiti e costa poco se confrontata con le alternative. In pratica uso Azure per tenere una copia remota dei dati, senza preoccuparmi di nastri, di apparati, di nulla. L'unica cosa che serve è una connessione internet, e non deve nemmeno essere particolarmente capiente.

O no?

Proviamo a fare un confronto semplice, in un caso reale, quello dei backup di Microsys, giusto perché ne conosciamo i dettagli.

Microsys fino al 2017 utilizzava una soluzione basata su un sistema a nastro che gestisce 8 nastri da 800Gb l'uno. Una soluzione così, non particolarmente sofisticata, costa:

  • 700€ all'anno di manutenzione,
  • 150€ anno di nastri (supponendo di farli durare due anni),
  • 600€ anno di ammortamenti,
  • più un poco di elettricità e condizionamento.

In totale 1500€ anno. Supponendo di far durare l'apparato 10 anni (il che è oltre l'ottimismo) potremmo portare l'ammortamento a 200€ anno e quindi i costi intorno a 1100€ anno. Se invece aggiungessimo i costi della persona che gestisce (rotazione nastri, riparazione guasti, acquisto nastri, diagnostica, pulizia, varie ed eventuali, …) potremmo facilmente aggiungere 500-1000€ ai costi operativi, che a questo punto sono tra 1100€ e 2500€ a seconda di come scelgo di fare i conti.

La stessa cosa fatta con Azure costa:

  • 50€ mese per le 6 istanze oggetto del backup,
  • 36€ mese di spazio disco Azure. 
In totale circa 1000€ anno. Su Azure oggi occupiamo circa 500Gb per avere 7 giorni, 4 sabati, 12 ultime domeniche del mese, 5 ultime domeniche dell'anno. Probabilmente col tempo lo spazio occupato aumenterà fino a forse 1Tb, quindi potremmo aggiungere altri 36€ mese, arrivando a 1500€ anno.
Quindi il backup su Azure costa meno, o è uguale, secondo come si fanno i conti.
Ovviamente altri scenari produrrebbero risultati diversi, ma è ragionevole aspettarsi che il rapporto si mantenga più o meno costante.

Ma la verità è che questi conti li abbiamo fatti dopo aver deciso, perché le vere motivazioni per cambiare stavano altrove. E questo è il punto. 
Abbiamo deciso di non fare più manutenzione al nastro e di passare ad Azure perché:
  • Non avevamo voglia di gestire la rotazione dei nastri (è un problema di voglia, non di costi…)
  • Non avevamo voglia di gestire il l'intervento quando si rompeva l'aggeggio (abbiamo perso il conto, ma è successo almeno 4 volte)
  • Non sapevamo come distruggere i vecchi nastri
  • Non volevamo gestire lo stress di quando si rompeva, il panico da "non ho i backup", un po' come essere senza cintura e senza bretelle…
  • Non avevamo la certezza di poter rileggere i nastri in caso di disastro: se succede un cataclisma ho i nastri, ma un lettore come il mio, vecchio di 10 anni, dove lo trovo? E uno nuovo leggerà i nastri scritti da quel vecchio apparato?
Quindi per dire le cose come stanno: non avevamo voglia di gestire l'aggeggio, e non ci fidavamo abbastanza…

E questa è un po' la morale: possiamo fare i conticini e dimostrare il ROI di andare sul cloud, e non parliamo solo di backup, ma di tutti i servizi IT. Ma sappiamo che con il calcolo del ROI si può dimostrare quello che si vuole.

Quello che veramente fa differenza è la tranquillità di aver spostato altrove una componente critica di tutti i processi aziendali ottenendo un livello di affidabilità e sicurezza che non sarebbero riproducibili in casa, se non a costi esorbitanti e con un dispendio di energie che non possiamo permetterci.

E il backup è solo un esempio, il più facile. Poi l'appetito vien mangiando.
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